I mufloni “vulcanici”

(escursione consigliata per settembre-marzo)

   L’Appennino settentrionale é formato in massima parte da rocce sedimentarie, depositate e compresse in grandi fosse oceaniche e poi sollevatesi fino a formare l’attuale catena. Dentro questi grandi bacini marini in cui si andavano accumulando “strati di argille” ogni tanto fuoriuscivano colate laviche dalla sottostante crosta terrestre che si raffreddavano rapidamente a contatto con l’acqua. La translazione dell’Appennino da Sud-Ovest a Nord-Est ha fatto si che anche questi “grumi” di rocce vulcaniche venissero trasportati assieme a chilometri quadrati di “argille” e una volta allo scoperto, quelli più superficiali emergessero per effetto dell’erosione da parte degli agenti atmosferici dei più solubili “terreni” circostanti alle dure rocce vulcaniche.
    Nella zona del passo della Raticosa si hanno numerosi esempi si queste rare formazioni che si staccano nettamente per forma e colore dalle dolci forme delle argille circostanti (Sasso di San Zenobi, Sasso della Mantesca, Monte Beni, e Sasso di Castro).
    Il Sasso di Castro é senz’altro il più imponente affioramento ofiolitico della zona , interessante anche perché popolato da una nutrita colonia di mufloni, facili da avvistare.
    La strada per arrivarci senza fretta da Bologna é quella della Futa, la più importante arteria appenninica prima della costruzione dell’Autosole, bellissima da “fare” anche in bicicletta, con buona gamba, oppure in moto. Si passa per Loiano, Monghidoro, Passo della Raticosa, Pietramala e Covigliaio, questi ultimi due già in territorio toscano. I più frettolosi possono uscire dall’Autosole a Roncobilaggio, poi salire al Passo della Futa (da vedere il monumentale cimitero di guerra tedesco di ottima architettura, che copre una collina, con un panorama formidabile dalla cima  ed il muraglione costruito nel 1835 per riparo dai venti) dove si volta a sinistra per Covigliaio, fermandosi al Km. 50 della statale, segnalato in grande sulla parete di una casa cantoniera.
Per salire al Sasso di Castro dietro la strada cantoniera si segue una strada bianca, chiusa alle auto, fino ad un pianoro rimboschito con abeti (segnavia 37) dove si prede a sinistra un sentiero che risale diagonalmente i fianchi rocciosi della montagna fino a scavalcare la cresta Sud. Sull’altro versante si prende quota con diversi tornanti ritornando sulla cresta, seguendo la quale si arriva sulla panoramicissima vetta, m. 1276, 1h10′.
Se non avete ancora visto i mufloni, e siete ostinati avete un’altra chance. Tornati sulla cresta Sud, in alternativa all’itinerario di andata che scende a sinistra si piega invece a destra e si segue la cresta in discesa fino ad una rete metallica che protegge dal dirupo creato da una cava di materiale lapideo. Qui si piega a destra e seguendo la rete in discesa si arriva ad un bivio. Con la mulattiera di destra ci si riporta in quota sul versante occidentale del Sasso di Castro, dove più di frequente si possono avvistare i mufloni. Dal bivio invece piegando a sinistra si arriva alla base della grande cava ora abbandonata, a valle della quale una strada carrozzabile raggiunge in breve la statale a fianco di una casa isolata detta “I Ponti” che dista 1.5 chilometri da dove siamo partiti. In 2-3 ore, lentamente, si fa tutto. Il percorso é didattico e adatto anche a famiglie con bambini anche nello zaino.

Paolo Cervigni

Biblio-cartografia:
– Paolo Cervigni: 131 itinerari sull’Appennino bolognese – Moizzi Editore
Carta dei sentieri Appennino bolognese in scala 1:50.000 – Regione Emilia-Romagna